Dal Vergante al «balcone del Cusio»



Lo chiamano «balcone del Cusio». È uno spiazzo teso sopra ad uno sperone di roccia, un tempo luogo dove le massaie stendevano i teli per candeggiarli. Vi sorgeva una piccola cappella, dedicata alla Vergine, sino a che vi si costruì una piccola chiesa, e poi una un poco più ampia. Quest'ultima è il santuario della «Madonna del Sasso», edificio in stile barocco divenuto simbolo di questo angolo di Piemonte, assieme ad Orta e all'Isola di San Giulio, davanti ai quali si affaccia ieratico questo grande rilievo in granito.
Siamo nel comune sparso di Madonna del Sasso. Il toponimo è tratto proprio dall'importante edificio di culto; sotto questo nome sono riunite le località di Boleto ed Artò, un tempo comuni autonomi.
È il comune più meridionale del Verbano-Cusio-Ossola. Gli abitati sorgono a mezza costa sui versanti che costituiscono la costa occidentale del lago d'Orta. Siamo al confine con la vicina Valsesia e dunque con la provincia di Vercelli, raggiungibile, muovendo verso Ovest, attraverso due scollinamenti: più a meridione, attraverso la località di Cremosina, presso Pogno; più a nord, con un valico a quota più elevata, il passo della Colma, attraverso il quale si raggiunge la cittadina di Borgosesia.


La costa occidentale del lago offre agli occhi un paesaggio più selvaggio: per ampi tratti la riva è abbandonata e la strada si inoltra in fitte zone boschive. Il tracciato affronta qualche dislivello. I centri abitati sono piccoli, dall'aspetto frugale. Ben diversa la sponda orientale, con la sede stradale che corre in piano seguendo le anse della riva, sulla quale sorgono talora edifici di gusto ricercato, quando non stravagante, come nel caso dell'eccentrica Villa Crespi, alle porte di Orta, capoluogo del Cusio e piccolo gioiello incastonato in un promontorio che degrada nelle acque, come da incontrare l'isola di San Giulio.
Dal sagrato del santuario della «Madonna del Sasso» si può contemplare tutto questo: l'isola, il borgo col suo porticciolo; si intravede il singolare «minareto» di Villa Crespi e, più su, il complesso monumentale del Sacro Monte.


Verso nord, la cittadina di Omegna, di nota vocazione industriale, sembra coronare il bacino del lago, coi monti della Valstrona alle spalle. A sud s'apre la pianura del novarese. Alle spalle del Santuario, in questo pomeriggio d'estate il sole è già in parte coperto dalla montagna; la sua luce però colora, di fronte a noi, il massiccio del Mottarone. Questo s'eleva dai rilievi più modesti del Vergante, che costituiscono un ideale spartiacque fra il Cusio ed il Verbano. 
Da lì arriviamo: attraverso strade secondarie siamo risaliti dalle «Terre di Mezzo», dolci colline a nord di Novara, coperte di vigneti; da Oleggio Castello i rilievi si fanno più pronunciati, così attraversiamo una serie di paesi di antica fondazione - lo dimostrano molte costruzioni, come le numerose chiede romaniche - potendo di tanto in tanto contemplare dall'alto il Lago Maggiore. A Massino Visconti affrontiamo la discesa verso Lesa: lo facciamo non per la necessità di scende sulla costa del Verbano, quanto piuttosto per contemplare il panorama, tornante dopo tornante. La strada arriva nei pressi di Solcio e qui, con intraprendenza, affrontiamo una nuova salita. Procediamo verso Brovello Carpugnino e, quindi, raggiungiamo Gignese. 
Questa è la «strada delle due riviere». Poco più a sud del Mottarone, essa collega le coste dei due laghi e ci porta ad Armeno. Da qui, anziché scendere immediatamente sulla strada costiera, raggiungiamo Agrano, frazione del comune di Omegna; intendiamo infatti raggiungere la costa occidentale: all'altezza di Pella, in località Alzo, parte la salita per Madonna del Sasso.
Contemplato il panorama da lassù, decidiamo di non scendere attraverso lo stesso tracciato della salita: affrontiamo piuttosto il percorso che, attraverso i boschi, scende verso Pogno, giungendo di fatto presso il valico della Cremosina. Si tratta di una strada poco battuta, immersa nei boschi e caratterizzata da un fondo piuttosto trascurato.


Una volta ritrovata la pianura, non resta che liberare tutta la potenza dei monocilindrici e fare rientro verso casa.
Un giro pomeridiano non breve, ma piacevole; senza traffico, immersi in quella natura che segue imperturbata il suo corso, come ignara delle tormentate vicende umane di questo strano 2020.

Alla prossima.











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