Toscoleggendari /3 - Nel cuore dell'Etruria

Da 1-9 agosto 2015 - Toscoleggendari

Dopo aver visitato la Versilia, la Garfagnana, la zona di Cecina e di Rosignano, con la bella compagnia dei nostri amici pisani, arriva infine il mercoledì. Giorno di partenze: Luca e Laura ripartono verso la pianura padana; per me, Mattia e Caterina è tempo di lasciare Pisa per proseguire la nostra avventura in Toscana.
Non ci sono parole di gratitudine che possano raccontare adeguatamente l'ospitalità e la concreta amicizia che Francesco ci ha riservato... Il saluto è sempre un arrivederci a presto - a Dio piacendo - e forse questa volta è ancora più sentito e speciale.
Prepariamo le valigie e le sistemiamo con cura sui portapacchi. Fa caldissimo: anche la giacca va sotto agli elastici, viaggio in maniche corte e mi godo il sole rovente... Seppure a tratti la calura risulti davvero eccessiva.
Risaliamo la Vicarese, non lontano dall'Arno, sino alla valle dell'Era, col suo capoluogo caro ai Vespisti: Pontedera. Ponsacco, Capannoli, Peccioli, Ci addentriamo nel «cuore» della Toscana. Le strade sono distese sulle colline: le avvolgono, le cingono ai fianchi, vi si adagiano sopra, si annodano ora in cima, ora a valle. Lasciate alle spalle le direttrici più ampie nelle valli, le strade non sono poi molto battute; fanno eccezione alcuni ingombranti mezzi pesanti.
Il paesaggio è quello tipico del centro Italia, con tanti piccoli borghi posti in cima alle colline, come se fossero stati adagiati lì da una sapienza non umana. Una sensazione di serenità, mista al sapore di luoghi un po' fuori dal tempo. O meglio: luoghi che hanno saputo resistere all'affanno di cambiamenti distruttivi, permeabili a poche variazioni e refrattari alla devastante urbanizzazione dell'ultimo secolo. Non per questo selvaggi. Tutt'altro. È un rigoroso avvicendarsi di campi coltivati. Grano, viti, girasoli.
Ancora una volta devo ammettere che la Vespa è proporzionata a questi luoghi. Non per niente nasceva e nasce a pochi chilometri da qui.
Da 1-9 agosto 2015 - Toscoleggendari

Arriviamo verso metà pomeriggio a San Gimignano; nota per le sue innumerevoli torri, le quali conferiscono al borgo un aspetto imponente e solenne, nel suo nucleo centrale conserva un'impostazione tipicamente medioevale. Merita una visita, che noi questa volta non ci concediamo: invero ci siamo già stati diverse volte. Ci limitiamo ad una breve pausa rilassante; siamo ad una manciata di chilometri da Siena. A Poggibonsi impegniamo il raccordo Firenze - Siena, una superstrada piuttosto trafficata e caratterizzata da un fondo stradale decisamente trascurato. Permette di spostarsi rapidamente attorno all'area di Siena, ma in verità non vediamo l'ora di lasciarla in favore di strade migliori.
La nostra destinazione è in Val di Chiana e dobbiamo perciò dirigerci verso Arezzo. Per questo ci è necessario procedere verso Perugia, mediante il raccordo Siena-Bettolle. Un'altra superstrada, ma il manto stradale qui è molto più curato. Il paesaggio attorno diviene sempre più suggestivo; siamo, qui, non lontani dalle «crete senesi». Dolci colline dall'aspetto brullo, dove grandi distese di argilla si alternano a campi di grano coltivati con un ineffabile piglio estetico; cipressi solitari e calanchi scoscesi ne dipingono i confini, componendo immagini note in tutto il mondo e, in qualche modo, divenute simbolo del «Bel Paese».
Ne siamo incantati e un po' ci rammarichiamo di dover rivolgere verso nord le nostre ruote; risaliamo verso la Val di Chiana, che pure offre dei paesaggi che sarebbe difficile disprezzare. Arriviamo in agriturismo verso le diciannove, giusto in tempo per posare i bagagli ed immergerci nell'acqua fresca della piscina. Niente male!
Scopriamo che la Val di Chiana è terra di sagre: nel mese d'agosto, nella maggior parte dei paesi di quest'area si tengono feste popolari all'insegna del buon cibo e della convivialità. Per questa sera scegliamo l'ottima sagra dei pici a Monte San Savino. I «pici» sono come dei grossi bucatini... senza il buco. Sono spesso accompagnati da un buon ragù, come quello di cinghiale oppure di anatra cosiddetta «nana». L'organizzazione è ottima e i pici sono davvero squisiti. La sagra è piuttosto affollata ed è accompagnata dall'immancabile compagnia cantante.
Monte San Savino è un centro piuttosto importante nella zona, sorto attorno al nucleo antico, tipicamente connotato da grandi mura e da strutture risalenti al Medioevo ed al Rinascimento. Dopo la lauta cena approfittiamo per fare quattro passi fra i vicoli.

L'indomani, giovedì, è tempo di scendere verso sud, verso la Val d'Orcia. La nostra destinazione è ben chiara: Pienza. Per me e Mattia è una sorta di celebrazione: dieci anni fa la visitammo per la prima volta in gita scolastica. Terza liceo: alcuni giorni a Firenze, con questa audace divagazione fuori porta. Erano i primi di marzo. Giornata uggiosa che nel pomeriggio conobbe pure una copiosa nevicata su questi dolci vallate. Ricordo bene: neppure una giornata grigia può togliere fascino a queste terre.
Questa volta invece è agosto. Nessuna nube osa oscurare il sole più caldo degli ultimi anni. Sì, Pienza oggi è diversa, pur fedele al ricordo di dieci anni prima. È un borgo che colpisce per la sobria distribuzione degli edifici, che appaiono curati e ordinati. Del resto, Pienza è un mirabile esempio di urbanistica rinascimentale. Sorse nella seconda metà del XV secolo, su quello che era l'antico borgo di Corsignano. Decisiva fu l'elezione al Soglio pontificio di Enea Silvio Piccolomini, eletto Papa nel 1458 col nome di Pio II. Egli, nativo di Corsignano, diede l'impulso per la rifondazione del borgo; uomo colto e raffinato umanista, incaricò artisti ed architetti di progettare una nuova «città ideale» a misura d'uomo. La scomparsa prematura del Pontefice, portò all'arresto dei lavori e Pienza non conobbe più nella Storia una simile fase di sviluppo urbanistico. Per questo oggi ci appare integra nel suo aspetto rinascimentale, rara superstite di alterne vicende storiche.


Da 1-9 agosto 2015 - Toscoleggendari

Uno dei simboli di Pienza è la chiesa Cattedrale, posta al centro del piccolo abitato, elevata sul culmine della collina; se la facciata è tipicamente rinascimentale, l'interno e l'abside conservano caratteri marcatamente gotici. Per ottimizzare la distribuzione degli edifici e riservare il giusto spazio alla piazza antistante, l'edificio risulta spostato verso sud e perciò aggettante, nella zona absidale, sull'ampia vallata.
Le vie di Pienza sono caratterizzate da botteghe di artigiani, rivendite di souvenir e accoglienti ristoranti. Immancabile il pranzo allo stesso ristorante di dieci anni prima. Tradizioni e ricordi devono essere onorati, specie se alquanto felici e spensierati! È ancora tempo di pici: un piatto squisito che raccomando a tutte le buone forchette.
Dopo pranzo, ripartiamo verso San Quirico; la nostra destinazione è Bagni San Filippo, una località piuttosto nota per la presenza di sorgenti termali libere. Sì, libere: ovvero immerse nella natura e non in costosi stabilimenti a pagamento. Non finisce qui: l'area delle sorgenti, detta «Fosso Bianco», è caratterizzata da numerose formazioni calcaree dall'aspetto imponente; la più grande di queste è detta «balena bianca» ed è alta svariati metri. Dalla sua sommità sorge acqua sulfurea, ad una temperatura prossima ai cinquanta gradi. È ricca di boro ed altri minerali dalle facoltà terapeutiche. Ai piedi delle grandi, monumentali formazioni calcaree si trovano numerose vasche; qui l'acqua termale si mischia a quella di altre sorgenti, col risultato che fra le pozze la temperatura dell'acqua varia sensibilmente, con la possibilità di scegliere da quella più calda a quella più fresca.


Da 1-9 agosto 2015 - Toscoleggendari

Relax puro. Veramente un prodigio della natura che vale la pena di visitare, potendo peraltro fruire gratuitamente di qualcosa che - almeno per noi abitanti della pianura padana - è solitamente a pagamento e sempre all'interno di stabilimenti attrezzati.
Non mancano cascatelle di acqua calda e di acqua fredda, che scorrono lungo le pareti chiare; tutt'attorno si raccoglie un piccolo bosco, che è necessario attraversare - ma non sono che poche decine di metri - per raggiungere questo luogo davvero speciale.
Il nostro proposito era quello di lasciare Bagni San Filippo entro la metà del pomeriggio, per raggiungere la celebre abbazia di San Galgano, peraltro non vicinissima, trovandosi di fatto in prossimità della Maremma. Ovviamente il nostro spirito di sacrificio ha prevalso e ci siamo limitati a... subire con sofferenza le cure termali.
Purtroppo il sole tramonta anche nelle giornate di vacanza e, nonostante ferme smentite da parte della scienza, resto dell'idea che un giorno di ferie sia più breve di uno lavorativo. Così, nella quiete surreale ed alienante di quest'acqua tiepida, percepiamo che, al di là degli alberi, il sole sta già calando. Usciamo dall'acqua e ritorniamo alle Vespe, che son sempre là ad aspettarci fedelmente.


Da 1-9 agosto 2015 - Toscoleggendari

Il sole basso arrossa con delicatezza quegli stessi campi che poche ore prima pareva volesse incendiare. Che instantanea: l'ampia strada, che qui risponde al nome altisonante di «Via Cassia», si fa largo fra i versanti in ombra e quelli tinti di rosso. Me la ricorderò a lungo e qui, davanti ad un pallido schermo, la rivedo con tanta nostalgia.
Dobbiamo tornare verso la Val di Chiana; qualche chilometro prima di Chianciano, il navigatore segnala la svolta sulla SP88. Di qui si deve passare per arrivare a Montepulciano. Ma... è sterrata! Sì, più precisamente è una delle tante «Strade bianche» che caratterizzano quest'area. È una via ampia ed importante, tant'è che è presente la normale segnaletica verticale. Ma il limite di velocità è basso, fra i venti e i trenta chilometri orari, ed è bene che sia così. Il fondo è sassoso ed eccedere col gas porta a paurosi alleggerimenti dell'avantreno. Procediamo con calma, gustandoci il paesaggio; ampi prati con camosci che corrono liberi da un lato, vigneti dall'altro. La strada bianca è lunga circa otto chilometri, dopo i quali ritorna l'asfalto, che accogliamo tuttavia con un po' di sollievo.
Arriviamo nei pressi di Civitella in Val di Chiana a sera inoltrata; così decidiamo di non fare tappa all'agriturismo e di andare direttamente a cenare. Stasera pizza. Siamo pallidi: cosparsi di polvere di boro, che però non dà affatto fastidio... anzi!

E veniamo al venerdì. Ultimo giorno in Val di Chiana. La nostra meta è Cortona: questa cittadina ha origini antichissime, essendo stata fondata dagli Etruschi nell'VIII secolo a.C., e sorge su una collina a circa seicento metri di quota. Dell'età etrusca permangono, oltre a numerose tombe venute alla luce più a valle, anche le imponenti mura che cingono il nucleo primordiale dell'abitato.
La posizione strategica, tale da poter dominare dall'alto un'ampia pianura, ha permesso a Cortona di giocare nei secoli un ruolo di assoluto rilievo in quest'area: fu infatti un fiorente centro in età romana e mantenne importanza anche durante il Medioevo, seppure sotto il controllo di varie città (Perugia prima e Firenze poi).


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Arriviamo a Cortona verso le undici del mattino, in una giornata di nuovo caldissima. La canicola rende più faticosa la visita del centro.
Visitiamo la chiesa di San Domenico, di origini medioevali ma con rilevanti apporti rinascimentali; conserva una copia della splendida pala d'altare, opera di Lorenzo di Niccolò.
Attraversato l'intero centro storico, visitiamo inoltre la Cattedrale di Santa Maria Assunta, il Duomo di Cortona: non ha però il fascino della precedente, né il sobrio equilibrio della cattedrale di Pienza, anche a causa di stili stratificati e di infelici apporti settecenteschi che rendono l'interno piuttosto lugubre.
Dalle balconate si gode di un bellissimo paesaggio sulla Val di Chiana, che qui abbandona la connotazione tipicamente collinare che la valle ha più a settentrione, verso Arezzo. La collina di Cortona appare infatti piuttosto solitaria.
L'Umbria è a due passi e numerose sono qui le testimonianze del culto francescano. Fra queste la più significativa è certamente costituita dall'eremo «delle Celle». Si tratta di un complesso monastico di origini antichissime, tanto da aver ospitato lo stesso San Francesco, che lo fondò nel 1211. Vi arriviamo dopo aver lasciato il centro di Cortona, percorrendo una bella stradina sul versante della collina. Il convento si trova immerso nel verde, a debita lontananza dall'abitato e conserva quell'atmosfera di pace ed austerità,come si conviene ad un eremo.
L'edificio, la cui forma irregolare denuncia le origini antiche, è piuttosto grande; minuscola, invece, è la piccola cella del Poverello d'Assisi: una stanza angusta nella quale è possibile affacciarsi.


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Annessa al convento è la piccola chiesa, rimaneggiata nei secoli, ma ancora contraddistinta dalle forme irregolari di un'architettura povera ed arcaica.
A metà pomeriggio ci rimettiamo in sella, per raggiungere anzitempo l'agriturismo, concedendoci un po' di relax ed un ultimo bagno in piscina.
Alla sera, è tempo per un'altra sagra: quella delle pappardelle a Policiano, ad una manciata di chilometri da Arezzo. Anche questa volta scelta impeccabile, e non posso che consigliare le ottime pappardelle ai funghi... Da provare.
Decisamente sazi, torniamo alle nostre Vespe, notando che dei ragazzini ci guardano come se fossimo alieni. Ci assalgono i dubbi: avranno fatto qualche marachella, oppure semplicemente guardano stupiti due Vespe venute da lontano? Difficile capire, ma non abbiamo perso pezzi per strada!

E venne il sabato. Eccoci ad una delle fasi più odiose di un viaggio. Quando, cioè, inizia il rientro, seppure programmato in più tappe. Dobbiamo lasciare la Val di Chiana ed attraversare una bella fetta di Toscana: la nostra destinazione è l'Abetone.
Colazione abbondante ed il rituale mistico della collocazione dei bagagli, Il caldo, manco a dirlo, non molla ancora la sua presa. Così scegliamo strade panoramiche, preferendole alle più rapide direttrici tracciate fra i capoluoghi dell'entroterra toscano. Questo ci permette di evitare Arezzo, Firenze e Prato. Puntiamo la rotta verso la terra del Chianti, che raggiungiamo percorrendo la provinciale del valico di Monteluco. Questa ci porta sino ad un'altitudine di quasi ottocento metri e rallenta un poco la tabella di marcia. 
Ciò nonostante a mezzogiorno siamo a Greve in Chianti e possiamo concederci un buon pranzo a base di panini e schiacciate.


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Dalla valle del Chianti risaliamo verso Empoli, che sfioriamo, sempre impegnando strade secondarie e piuttosto panoramiche.
Fra le mirabili opere della follia umana segnalo il ponte sull'Arno presso Montelupo Fiorentino; è poco più di una passerella ed ospita pure un ardito marciapiede. Una sola corsia carrabile, a misura di autovettura. Ovviamente il ponte è a doppio senso di circolazione; impossibile transitare anche con la Vespa se in direzione opposta sopraggiunge un alto. Dietrofont e un po' di pazienza.
Verso il tardo pomeriggio siamo nei pressi di Pistoia; approfittiamo della circonvallazione per evitare il centro cittadino, portandoci velocemente verso le colline. Esse sono il preambolo della nostra prossima tappa: il paese di Abetone e l'importante valico appennino che esso ospita.
Da Pistoia la salita all'Abetone è di circa cinquanta chilometri; le pendenze non sono particolarmente accentuate e la strada è abbastanza ampia. Durante questo tratto abbandoniamo definitivamente il tipico paesaggio Toscano, fatto di colline levigate e biondeggianti, per ritrovare quello più aspro dell'Appennino settentrionale. Ma il Passo dell'Abetone culmina ad un'altitudine importante, ben millequattrocento metri, e questo ci riserverà una piacevole sorpresa.
Gli ultimi chilometri prima del valico, infatti, si dispiegano in un'atmosfera inattesa: grandi boschi di faggi racchiudono la strada come dentro ad una singolare galleria; le chiome alte degli alberi costituiscono una sorta di tetto che lascia trapelare una luce soffusa ed uniforme. I fusti slanciati si ergono da un sottobosco pulito ed ordinato. Non sembra Italia, non sembra Appenino. 
I boschi si diradano in prossimità del passo. È d'obbligo una pausa e cogliamo l'occasione per qualche foto ricordo. In quel contesto, raccontavo ai miei compagni di avventura che un passo per un Vespista è come una medaglia al petto. Li collezioniamo avidamente, li cerchiamo con indomita curiosità e, se dobbiamo tornare in zona, preferiamo non ripassare dalla stessa strada, per poter gustare le curve, le salite, le discese di un altro valico.
E l'Abetone è decisamente un passo che non deve mancare a questa bizzarra collezione. Specie se è quella di un vespista!


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Affrontiamo anche qualche chilometro di discesa; dobbiamo approdare a Riolunato, piccolo paese dell'Appennino Modenese. Località poco conosciuta ma che abbiamo apprezzato; semplice e genuina. Indubbiamente l'ennesima festa popolare ha contribuito al giudizio positivo sul luogo ed alla sazietà di chi scrive. Poca spesa, tanta resa: una vera scorpacciata di gnocco fritto e delle cosiddette «crescentine», gustose pagnottelle che, a valle, sono spesso chiamate «tigelle».
Paesaggi e specialità gastronomiche ci ripagano dei chilometri odierni, resi impegnativi anche dal caldo opprimente che, a Pistoia, sfiorava i quaranta gradi.
Qui, sull'Appennino di Modena, il clima è decisamente migliore. Ci sistemiamo presso un albergo che ricorda altri tempi; questa località probabilmente ha conosciuto in passato una maggiore fortuna turistica. Il personale dell'Hotel Cimone è molto cordiale ed ospitale; questo rende il nostro pur breve soggiorno un'esperienza di certo ripetibile.

Domenica 9. L'ultimo giorno. La tristezza per il rientro deve essere mitigata da una colazione coi fiocchi. E così sia!
Ancora una volta - ahinoi è l'ultima - ci dedichiamo al rituale dell'allestimento dei bagagli e dei mezzi; ci attendono circa duecentosettanta chilometri. Già sappiamo che non saranno entusiasmanti come tutti quelli che li hanno preceduti. Il tragitto infatti si svolgerà perlopiù sulla via Emilia e sugli altri rettilinei della pianura. Sfioriamo Maranello, ma purtroppo non passiamo dalla storica sede della Ferrari; rimandiamo ad altre occasioni, perché le previsioni del tempo minacciano un brusco peggioramento per il pomeriggio e conviene mettere chilometri in cascina. Così raggiungiamo Modena e lì intercettiamo la via Emilia, che percorreremo per svariati chilometri. 
Programmiamo una pausa pranzo nei pressi di Fidenza, presso una trattoria dove siamo stati mesi prima; ma non abbiamo fatto i conti con il periodo di ferie, trovando inesorabilmente chiusi diversi esercizi.
Il caldo persiste, ma all'orizzonte iniziamo a vedere qualche nube scura; forti della colazione abbondante che non ci ha fatto accusare la fame, ci dirigiamo spediti verso Piacenza, attraversando i campi delle cosiddette «Terre Verdiane». Fuori città ci fermiamo per prendere una bibita da McDonald's. Pausa veloce col cielo ormai coperto. Procediamo verso Castel San Giovanni. La zona è già familiare, siamo nel recinto delle nostre gite domenicali e mi sento ormai a casa.
Dopo pochi chilometri inizia a piovere. Approfittiamo della pensilina di un distributore per indossare le tute pioggia. Le gocce cadono rade dal cielo, ad un ritmo lento, tanto da non mitigare affatto il clima afoso della pianura.
La pioggia blanda e svogliata ci accompagna sino ad Abbiategrasso. Chiudiamo il cerchio: arriviamo a destinazione più o meno come eravamo partiti; col cielo grigio, avvolti da soffocanti giacconi gommati. Ma in mezzo a due immagini così simili, quanta vita, quante esperienze ed avventure!
Ripercorro ora, a distanza di un mese esatto, questo viaggio meraviglioso e ne riassaporo i tanti momenti che ricorderò per sempre. Ogni anno l'esperienza toscana si rinnova senza mai imitare sé stessa; quest'anno ha avuto un sapore speciale, potendola vivere, in Vespa, con gli amici di una vita e con gli altri Leggendari. Una sintesi che forse si è fatta attendere troppo, ma che di certo ora costituisce un punto di partenza. A tutti gli attori di questa avventura va il mio grazie più sentito. Oggi più che mai, con una voglia incontenibile di rimontare in sella, dico ed auguro: «Alla prossima!».



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Commenti

  1. Complimenti, bellissimo racconto, letto d'un fiato, e bellissima vacanza, non ho potuto fare a meno di rivedere nella mente alcuni dei borghi descritti, in particolare Pienza e Gimignano, dove ho avuto la fortuna di passare dei bei momenti negli anni passati. Oltre a ciò, tanti spunti che invogliano a visitare nuovi luoghi della nostra bellissima Italia, ovviamente accompagnati dal simpatico ronzare delle nostre fedeli due ruote, con un turismo lento ma speciale (come suggerito dal nome di un noto modello 125cc di fine anni '70), che consente di stampare nella mente delle splendide cartoline dei luoghi e degli amici che ci accompagnano, istantanee che rimangono impresse nella memoria e che vengono con piacere ripescate e riviste anche a distanza di tempo...in pieno spirito VLT!

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  2. Grazie Francesco! La Toscana è bellissima ed è pressoché inesauribile. Ripenso con piacere alle tante cose viste, ma se penso a tutto quello che ci manca ancora... Ci vorranno anni!

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  3. Un racconto che per un leggendario potrebbe essere normale, capace come al solito di trasmettere sensazioni, sentimenti, dettagliato al punto che sembra di vivere l'esperienza.
    Termino il racconto con un principio di lacrima agli occhi: non solo leggo cosa mi sono perduto, ma soprattutto per me è stata una stagione "sprecata" e che non ritornerà.
    Il tutto mitigato dalla consapevolezza di vivere nuove esperienze, perché il VLT non rimane mai "a secco"; non capita mai di pensare "tanto abbiamo già visto tutto.
    Congratulazioni per gita, foto e descrizione.

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  4. Siamo ripartiti prima di questa vostra bella avventura... eppure pare di viverla nel tuo racconto... i paesaggi, i sapori, le emozioni... sono lì tra le parole! certo non è la stessa cosa, ma diciamo che riesci ottimamente a rendere l'idea ;-)
    Bravi Marco, Caterina e Mattia! una bella vacanza e una cara amicizia :-)

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  5. Grazie a tutti... non vedo l'ora di preparare i viaggi del prossimo anno!

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